
Nina
Il progetto di Nina è molto difficile per me da sintetizzare in un’unico momento, soprattutto perché l’aspetto più caratterizzante è stata la sua evoluzione.
È un’idea nata per caso, senza troppa intenzione, qualche anno fa. Era un periodo in cui stavo sperimentando su due fronti: l’arte cinetica e il disegno oneline. I miei riferimenti artistici in quel periodo erano senza ombra di dubbio Alexander Calder, Bruno Munari e Pablo Picasso.
Nina è nata dall'incontro di queste suggestioni ed inevitabilmente quello che è venuto fuori era un'immagine molto contemporanea ed equilibrata: le linee sicure e morbide dei disegni minimali di Picasso, le atmosfere giocose e sognanti delle giostrine di Calder e Munari.

Poi c’è stata una rottura, abbastanza netta, in cui mi sono ritrovato a riflettere sul concetto di equilibrio e di come sia centrale e allo stesso tempo difficile nella vita di oggi raggiungerlo.
Mi sono reso conto che una vita in equilibrio è forse la sfida più grande che l’individuo debba affrontare nella società odierna.
Questa riflessione è sorta quando sono venuto a conoscenza della storia di Speranzina, detta Nina; una donna che ha vissuto proprio nella casa in cui vivo ora, che ha abitato tra queste mura e il cui ricordo, fino a poco tempo fa, riecheggiava ancora in vicinato.
Una storia triste, drammatica, cancellata a forza per il troppo dolore. E poi riemersa per caso, in mille frantumi da rimettere insieme come tasselli di un puzzle.
Una figura evanescente, frammentata, l'immagine riflessa in uno specchio rotto.








Le tinte tenui e lo sguardo enigmatico hanno lasciato il posto al dolore; toni cupi, marmo freddo, atmosfere lugubri. Una tragedia annunciata, un lutto inestinguibile che ancora riecheggia.
Nina è nata, morta, risorta e accuratamente riposta in un cassetto per essere custodita e mai più dimenticata.
È stato un processo lungo in cui hanno maturato nuove consapevolezze; Nina è un’immagine rappresentativa di come nel tempo i ricordi, le emozioni sedimentano e creano una stratigrafia fatta di contrasti.
Da queste linee nette sono certo che nascerà qualcosa di nuovo, alimentato da un desiderio profondo e sempre più prepotente: riportare a galla il ricordo, la memoria, l’identità degli ultimi. Quasi sempre dimenticati.
